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[...] Purché non soffrano di otite, ai cani piace mostruosamente farsi grattare l’interno del padiglione auricolare. Vorrebbero che non si smettesse più.

Talvolta ho la sensazione di ‘imbroccare’ il nome del cane. Questa bastardina di pochi chili, trovata a Opicina, con il pelo lungo, affettuosissima – appena si è sentita chiamare Lilli mi è saltata addosso leccandomi in faccia, e mi è sembrato che volesse dirmi: “Ma allora mi hai riconosciuto! Sai chi sono! Cosa aspetti a riportarmi a casa?”. E invece.

I cani non sanno parlare: un limite (sempre che limite sia) abbondantemente compensato dalle indubbie capacità telepatiche che posseggono, e fanno di loro dei saggi silenziosi – che tutto sembrano comprendere e perdonare: non l’algido e superiore distacco del felino, ma con affettuosa partecipazione prima e filosofica rassegnazione poi. Perché così va il mondo. [...]


Alessandro Paronuzzi
(da “Meglio con loro – Diario di un veterinario libertario”, Stampa Alternativa, 2005)


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