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[...] L’altro anno una passera scopaiola invece di seguire le sue compagne verso la Spagna si era fermata attorno a casa: forse era ammalata, oppure aveva qualche pallino di piombo nel corpo perché volava malamente. La sorprendevo ogni tanto sulla catasta della legna o sulla scala a pioli o sotto il portichetto delle galline; ed era solitaria perché disdegnava la compagnia dei passeri comuni e degli altri vicini: scriccioli e cince. Ma una cosa mi era singolare: come mai il gatto randagio che girava nei dintorni, o la donnola, non l’avessero ancora presa e mangiata. E anche osservai che non andava a dormire nelle cassette nido delle coderosse appese alte attorno al muro e sugli alberi, perché tutte avevano intatte sull’apertura le tele dei ragni. Venne la neve, tanta, e freddo; ma sempre la piccola creatura mi capitava di vederla attorno casa e mi sorprendeva la sua persistenza. Una mattina l’arcano mi venne svelato.
Da ventiquattro ore il mulino del cielo non smetteva di macinare neve, il vento che veniva dall’est era lunghissimo e non se ne prevedeva la coda; quel giorno, intabarrato come nella ritirata di Russia, portai da mangiare al mio cane e alle galline.
Per il vento e la neve che turbinavano e per lo squassare degli alberi, mi ero avvicinato al canile senza che Cimbro se ne accorgesse e da sotto le ciglia innevate potei vedere che lui, tra le zampe e il petto, si teneva al caldo la passera scopaiola che, sorpresa dalla mia apparizione, mi fissava immobile. Poi volò fuori sfiorandomi il viso. Cimbro, cane da caccia selvatico e appassionato come nessun altro, mosse appena la coda come volesse scusarsi per questa debolezza sentimentale.[...]

Mario Rigoni Stern
(da “Il libro degli animali”, Einaudi, 2001)

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