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[...] La cornacchia era nella gabbia di mezzo, un'uccelliera grande più o meno come un armadio, tra la gabbia con i due gufi e la gabbia dello smeriglio. Eccola. Faunia si sentiva già meglio.
- Prince. Ehi, bellezza -. E fece schioccare la lingua contro il palato, clic, clic, clic.
Si voltò verso la ragazza che stava dando da mangiare al serpente. Non era lì quando, in passato, Faunia era venuta a vedere la cornacchia, e molto probabilmente era nuova. O relativamente nuova. Faunia stessa, per mesi, non era andata a trovare la cornacchia, e mai da quando aveva cominciato a vedere Coleman. Era passato del tempo da quando si era messa a cercare dei sistemi per abbandonare la razza umana. Dopo la morte dei due figli non aveva più fatto visite regolari, anche se prima, in certi periodi, si fermava quattro o cinque volte la settimana. - Può venire fuori, no? Solo per un momento.
- Certo, - disse la ragazza.
- Mi piacerebbe averla sulla spalla, - disse Faunia, e si chinò per sollevare il gancio che teneva chiuso il portello di vetro della gabbia. - Oh, ciao, Prince. Oh, Prince. Sei in piena forma.
Quando lo sportello si aprì, la cornacchia saltò dal trespolo sullo sportello e vi rimase appollaiata, voltando la testa di qua e di là.
Faunia scoppiò in una risatina. - Che faccia! Mi sta studiando, - gridò alla ragazza. - Guarda, - disse alla cornacchia, e le mostrò l'anello con l'opale, il regalo di Coleman. L'anello che le aveva regalato, in macchina, quel sabato d'agosto in cui erano andati a Tanglewood. - Guarda. Vieni. Vieni qui, - sussurrò all'uccello, offrendogli la spalla.
- Non è in vena, - disse la ragazza.
- Dolcezza? - tubò Faunia. - Vieni. Su. Sono Faunia. La tua amica. Da brava. Coraggio. - Ma l'uccello non si mosse. [...]
- Adoro le cornacchie. E' il mio uccello preferito. E i corvi. Una volta abitavo a Seeley Falls, quindi so tutto di Prince. L'ho conosciuta quando era là che ciondolava intorno al negozio di Higginson. Rubava le mollette delle bambine. Si gettava su ogni cosa che fosse luccicante e colorata. Era famosa per questo. C'erano dei ritagli di giornale su di lei. Su di lei e sulle persone che l'avevano allevata dopo che il suo nido era stato distrutto, e su come passeggiava davanti al negozio dandosi un sacco di arie. Erano puntati proprio lì, - disse, voltandosi per indicare un tabellone di fianco all'ingresso della stanza. - Dove sono i ritagli?
- Li ha strappati.
Faunia scoppiò a ridere, molto più forte di prima, questa volta. - Li ha strappati lei?
- Col becco. Li ha stracciati.
- Non voleva che tutti conoscessero le sue origini! Si vergognava delle sue origini! Prince! - gridò, girandosi verso la gabbia col portello ancora spalancato. - Ti vergogni del tuo passato equivoco? Oh, poverina. Sei una brava cornacchia. [...]
Alzò la mano, la mano con l'anello, e disse all'uccello: - Ecco. Ecco. Guarda cosa ti ho portato per giocare -. Si tolse l'anello e glielo tenne davanti al becco per farglielo vedere da vicino. - Gli piace il mio anello con l'opale.
- Di solito gli diamo delle chiavi per giocare.
- Bè, ha fatto strada. Non è così per tutti? Ecco. Trecento dollari, - disse Faunia. - Su, gioca con questo. Non riconosci un anello di valore quando qualcuno te lo offre?
- Lo prenderà, - disse la ragazza. - Se lo porterà nella gabbia. Sembra un ratto boschereccio. Prende il cibo e lo ficca nelle crepe del muro della gabbia e ce lo pesta dentro col becco.
Adesso la cornacchia aveva afferrato strettamente l'anello col becco e muoveva di scatto la testa di qua e di là. Poi l'anello tintinnò sul pavimento. L'uccello l'aveva lasciato cadere. [...] Ancora una volta Faunia recuperò l'anello e gliel'offrì, e ancora una volta la cornacchia lo prese e lo lasciò cadere.
- Oh, Prince... Questa volta l'hai fatto apposta. E' diventato un gioco, eh?
Cra. Cra. Cra. Cra. L'uccello proruppe nel suo strano verso, per la donna un'esplosione in pieno viso.
Allora Faunia tese la mano e cominciò a carezzargli la testa,poi, molto lentamente, a scendere con la mano lungo il corpo partendo dalla testa, e la cornacchia glielo permise.
- Oh, Prince. Oh, come sei lucido e splendente! Mi sta cantando qualcosa a bocca chiusa, - disse, e la sua voce era estatica, come se Faunia avesse finalmente scoperto il significato di ogni cosa. [...]
E ricordava con quanto impegno aveva cercato di morire. [...]
- No, non l'ho fatto, Prince. Neanche questo ha funzionato. E così - sussurrò all'uccello, le cui lustre penne nere erano calde e lisce sotto la sua mano come nessun'altra cosa Faunia avesse carezzato, - eccoci arrivati a questo punto. Una cornacchia che in realtà non sa come fare per essere una cornacchia, una donna che non sa come fare per essere una donna. Siamo fatte l'una per l'altra. Sposami. Tu sei il mio destino, ridicolo uccello - . Poi fece un passo indietro e s'inchinò. - Addio, mio Principe. [...] Aveva lasciato l'anello a Prince. Il regalo di Coleman. Mentre la ragazza non guardava, lo aveva nascosto nella gabbia. Fidanzata con una cornacchia. Ecco quello che ci vuole. [...]

Philip Roth
La macchia umana (Einaudi, 2001)

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